Mattarella all’Unical, il discorso del Rettore Crisci

ARCAVACATA DI RENDE (COSENZA) – L’intervento del Rettore Gino M. Crisci in occasione dell’inaugurazione dell’Anno Accademico 2016/2017 dell’Unical, alla presenza del Presidente della Repubblica.

Illustre Presidente della Repubblica, Autorità, Magnifici Rettori, cari Studenti, Personale tecnico amministrativo, Signori Professori, Signore e Signori,

a tutti voi rivolgo il mio più caloroso benvenuto alla cerimonia di inaugurazione dell’Anno Accademico 2016/2017 dell’Università della Calabria. Il quarto, da quando ho il privilegio di essere il Rettore di questo prestigioso Ateneo.

La Calabria, prima della nascita delle sue attuali tre Università, ed in particolare di questo Ateneo, rappresentava una regione che potremmo paragonare ad un terreno desertico, dove non cresceva nulla per mancanza di un suolo fertile. Era necessario preparare il terreno per la semina, per offrire ai giovani la possibilità di crescere in un ambiente produttivo. Pertanto, il primo obiettivo dell’Unical, poi affiancata dalle altre Università, la Magna Graecia di Catanzaro e la Mediterranea di Reggio Calabria, è stato la formazione di figure con specifiche caratteristiche tecnico-amministrative, passo essenziale per qualunque progetto di crescita economica.

Il piano di sviluppo della Calabria, negli anni Settanta, infatti, delineava una regione in cui le attività produttive avrebbero dovuto essere legate alle piccole e medie imprese, in settori fortemente connessi alle specifiche vocazioni del territorio, ovvero all’agroalimentare e al turismo. L’Università, in quell’ottica, avrebbe rappresentato il volano di sviluppo nella formazione di tecnici e di una classe dirigente in grado di attivare un circolo virtuoso, quale naturale antidoto al degrado del tessuto sociale e alla criminalità organizzata. Con questi obiettivi nacque la prima università a statuto speciale, su base dipartimentale, dieci anni prima che tale innovazione venisse estesa al resto del Paese; una università particolarmente attiva nei settori scientifici, ingegneristici ed economici – alla quale, successivamente, si aggiunsero altre aree culturali. Dunque, una vera e propria scommessa, su un Mezzogiorno da far crescere e non più soltanto da assistere.
Fu l’alba di una straordinaria stagione di speranza per i tanti giovani calabresi, i quali ebbero la possibilità di studiare e specializzarsi senza lasciare più le loro case. Inoltre, grazie al modello del Campus, che rende unica questa Università, tantissimi studenti ebbero l’occasione di trovare alloggio, di socializzare e frequentare attività sportive, nella stessa area nella quale studiavano.
Per questo l’Unical rappresenta, senza dubbio, la più significativa università a Campus integrato d’Italia. Le strutture dipartimentali sono tutte concentrate in uno stesso luogo e permettono una naturale interazione anche fra settori molto diversi, facilitando lo sviluppo di attività di ricerca e didattica interdisciplinare. Nella prospettiva, molto attuale, di intendere il futuro del sistema università.

Il Campus di Arcavacata è caratterizzato da una forte residenzialità, avendo la possibilità di ospitare circa 2.500 studenti che diventeranno presto 3.000. Le cinque mense esistenti erogano circa un milione di pasti all’anno. Le residenze sono completate da importanti strutture, finalizzate alle numerose attività sportive (circa 3.000 tesserati Cus), nonché per le attività culturali, grazie alla presenza di due teatri e tre anfiteatri e alla prossima apertura di due sale cinematografiche di 300 posti ciascuna.
La centralità dei settori scientifico-tecnologici, il Campus e la residenzialità sono stati i principali cardini che ispirarono il nostro padre fondatore, primo Rettore dell’Università della Calabria, il professore Beniamino Andreatta, del quale quest’anno ricorrono i dieci anni dalla scomparsa, ed al quale è dedicata l’Aula Magna che oggi ci ospita.

Fu proprio Andreatta, parlando dei capisaldi ispiratori della nascita dell’Università, che disse, in un’intervista rilasciata a La Stampa nel 1974: «In Calabria lo studio superiore è da sempre legato al censo: i ricchi mandano i loro figli a studiare a Roma o a Milano, i meno ricchi a Napoli, la piccola borghesia a Messina. Noi qui accogliamo i giovani dei ceti più bassi». E ancora: «Questa è una regione che porta nel profondo di sé il senso della sconfitta, una “disaggregazione” antica. Scopo dell’Ateneo è anche quello di sbloccare le situazioni ancestrali ed immobili».

«Pensiamo all’ateneo calabrese come ad un quartiere specializzato di un’area metropolitana […] E avrà influenza su tutta la Calabria. Sarà una città di giovani, in una regione che da decenni perde i suoi giovani».
Realizzare tutto ciò non fu cosa facile e molti furono gli ostacoli, compreso qualche germe di illegalità che fu prontamente soffocato. Andreatta mise in atto, infatti, un’altra grande rivoluzione per l’epoca: la pubblicazione del Bilancio e di tutti gli atti degli organismi universitari. Dopo Andreatta, i Rettori susseguitisi nel tempo – alcuni dei quali presenti in aula – hanno in gran parte continuato quell’originario disegno innovatore.
L’evoluzione di quel modello ha portato ad un’università che è diventata una delle più grandi fabbriche di saperi del Sud, con una sua funzione di porta culturale del Paese, aperta sul Mediterraneo, accogliendo i tanti studenti stranieri che, di anno in anno, continuano a scegliere l’Unical come luogo di formazione culturale. Molto si è qui investito, nell’internazionalizzazione del nostro Ateneo e, anche quest’anno, abbiamo assistito ad un aumento del numero di iscritti stranieri, che conferma il trend costantemente positivo degli ultimi anni. Le domande di ammissione degli studenti stranieri, infatti, sono passate da 440 a 585, in prevalenza in arrivo da Asia e Africa, ma anche dall’America e dall’Europa.

Al di là dei numeri, ognuno di questi ragazzi rappresenta, soprattutto, una testimonianza di vita che ci arricchisce, favorendo la nostra stessa propensione allo scambio culturale e trova qui, a Rende, la possibilità di crescere mettendo a frutto il proprio talento. E’ il caso di Bashar Swaid, lo studente di Aleppo, che ascolteremo a breve, e che è stato accolto dall’Unical come in una seconda casa.

In questi momenti di profonda crisi umanitaria, dove la Calabria

rappresenta la frontiera geografica e sociale dell’accoglienza, anche noi abbiamo cercato di dare il nostro contributo, tanto da essere al fianco del Ministero dell’Interno e della CRUI nella redazione e la gestione del bando di 100 borse di studio per studenti con asilo politico o protezione sussidiaria.
A questo punto, lasciatemi rivolgere lo sguardo verso un altro orizzonte, toccando un tema di attualità, quello del ruolo che devono svolgere le Università meridionali per contribuire alla rinascita del Sud. Non è probabilmente questa la sede per trattare un argomento così complesso, ma credo tuttavia opportuno segnalare i buoni risultati ottenuti dal sistema universitario meridionale nella recente Valutazione della Qualità della Ricerca (VQR), che dimostrano come il tradizionale atteggiamento conservativo, che fossilizzava gli atenei meridionali, stia evolvendo in comportamenti dinamici e virtuosi.
In questo quadro, appare fondamentale per il sistema universitario nazionale, ed in particolare per quello meridionale, impegnarsi sempre di più nella cosiddetta “terza missione”, ovvero quella di favorire l’applicazione, la valorizzazione e l’impiego della conoscenza; per contribuire allo sviluppo sociale, culturale ed economico della società, sia grazie al trasferimento tecnologico, sia agevolando la nascita di imprese innovative.
Il Technest, incubatore di idee creato 16 anni fa, ha favorito lo sviluppo di progetti imprenditoriali di successo nati dall’attività di ricerca e dalla sinergia tra le diverse realtà presenti nell’Ateneo.

Mi piace ricordare, a titolo esemplificativo, alcuni casi concreti, tra cui l’intuizione di dieci donne ingegnere che hanno creato una start-up con l’olio spalmabile aromatizzato, il Gel Oil. Oggi, questo prodotto è commercializzato ed è considerato un eccezionale risultato dell’industrializzazione di un brevetto made in Italy.

Inoltre, un nostro dipartimento ha preso parte ai lavori per il restauro della Fontana di Trevi a Roma, intervenendo sia nelle indagini diagnostiche che nella sperimentazione di nuovi prodotti protettivi.

Un successo ancora più recente è rappresentato dalla creazione della T-shirt intelligente, che da quest’anno sarà indossata dai piloti della McLaren in pista. Un brevetto della NTT DATA Italia, filiale nazionale della multinazionale nipponica, a pochi passi da qui e nella quale operano e lavorano 200 nostri laureati.

Ed ancora, nel 2015, quale riconoscimento del ruolo svolto dall’Unical nel campo dell’incubazione d’impresa, siamo stati scelti come sede della fase finale del Premio nazionale per l’Innovazione, la più grande Business plan competition d’Italia.

Il panorama è completato dalle aree umanistiche, sociali, economiche e giuridiche che presentano spunti di grande rigore scientifico e di indiscussa qualità.

A tutto ciò si aggiunga la piena sinergia ed integrazione con le strutture di ricerca del CNR ubicate nel Campus, che lavorano in maniera sinergica con i diversi laboratori dipartimentali.
Prendendo spunto dalle parole del poeta inglese John Donne, il quale scriveva: «Nessun uomo è un’isola, completo in se stesso; ogni uomo è un pezzo del continente, una parte del tutto», possiamo affermare che la nostra Università non è mai stata un’isola; al contrario, soprattutto negli ultimi anni, si è aperta al territorio con attività di carattere tecnico e culturale.
L’Unical non è un’isola, anche nel rapporto con gli enti pubblici. È stato recentemente sottoscritto un accordo di programma con la Regione Calabria e gli altri atenei regionali, per un Progetto strategico di alta formazione, con un investimento complessivo di 128 milioni di euro di risorse del Por Calabria 2014/2020. Si tratta di un progetto che punta a valorizzare il ruolo del sistema dell’alta formazione, garantendo maggiori opportunità per i giovani calabresi.
Il nostro Campus rappresenta, come detto in precedenza, un importante volano culturale. I due teatri offrono spettacoli di alta qualità, non solo alla comunità dell’ateneo, ma all’intera popolazione dell’area urbana, in ambienti in cui tecnologia d’avanguardia e architettura contemporanea rendono ogni evento un’esperienza unica. A sottolineare ulteriormente la piena sinergia ed apertura al territorio, ho voluto che uno dei due teatri fosse a disposizione, a titolo completamente gratuito, di tutte le compagnie e le associazioni teatrali locali.

La cultura passa anche attraverso le nostre biblioteche, che si estendono su 20mila metri quadrati, ospitando circa 400mila volumi e offrendo 900 posti lettura e 300 punti di rete telematica. Parlando delle biblioteche, il ricordo corre a un grande linguista che ci ha lasciati di recente, il professor Tullio De Mauro, il quale ha donato a questa Università la sua personale collezione che andrà ad arricchire la dotazione della Biblioteca d’area umanistica. Quella stessa biblioteca che proprio il professor De Mauro, in veste di Ministro, inaugurò il 5 giugno del 2001.
Cultura, dunque, declinata in molti modi. Non ultima, la cultura della legalità. Ogni nostra azione, anche di inserimento nel tessuto produttivo del territorio, è sempre stata incentrata in tale direzione. Sottoscriveremo a breve un protocollo di legalità per garantire la piena regolarità delle procedure di appalto di quella che, è opportuno ricordarlo, rappresenta una delle più grandi realtà economiche della regione. Questo protocollo che sarà redatto con la Prefettura di Cosenza, la Procura della Repubblica, la Procura Antimafia e l’Anac, ha come faro il valore dell’etica, intesa come regola di condotta al fine di prevenire eventuali devianze.
Ci sembra qui opportuno, inoltre, ricordare che l’Università della Calabria è stata la sede del primo incontro fra i Rettori delle Università meridionali con la Commissione Antimafia. L’iniziativa, promossa dall’onorevole Rosy Bindi – Presidente della Commissione e sponsorizzata dalla CRUI e dal suo Presidente Professor Gaetano Manfredi – ha visto la partecipazione di ben 14 Rettori ed ha avuto il merito di dare avvio ad un processo strutturale di maggiore sensibilizzazione del mondo universitario verso le problematiche della legalità e il contrasto attivo alla criminalità organizzata. L’Unical è coinvolta anche in altri progetti per la promozione della legalità sul territorio, come quello realizzato nel comune di Limbadi, nella sede dell’Università dell’Antimafia, su progetto del Coordinamento Riferimenti.
Dal punto di vista delle infrastrutture, è per noi motivo di profonda soddisfazione l’aver puntato sulla sostenibilità energetica. Abbiamo ricoperto di pannelli solari i cubi che ospitano le aule e i dipartimenti, le biblioteche e il centro residenziale. Stiamo sperimentando i pannelli a concentrazione e l’utilizzo dell’energia geotermica. Non appena sarà completato il sistema di illuminazione a led, infine, si arriverà ad un risparmio di 5400 Mwh, con una riduzione di emissioni di CO2 di 2.900 t/anno e di circa un milione di euro sulla spesa dell’energia elettrica, pari al 20% della spesa totale.
Il nostro impegno viene premiato ulteriormente dalle classifiche di gradimento. L’Unical gode, infatti, di ottima reputazione. A cominciare dal ranking di La Repubblica-Censis, che la colloca al terzo posto fra le grandi università, per poi arrivare a quelli internazionali: in “The Times Higher Education World” è posizionata fra il 351° e il 400° posto; in quello olandese “Leiden ranking” l’Unical si piazza addirittura al primo posto in Italia tra le università in cui si fa ricerca di alto livello e 212ª nel mondo.
Tanto ancora resta da fare per essere in linea con uno scenario nazionale ed internazionale in rapida evoluzione: diversificare e ottimizzare l’offerta formativa in relazione alle richieste emergenti della società, modernizzare il sistema della didattica, migliorare i processi di gestione per aumentare la competitività del sistema universitario, incrementare gli investimenti nella solidarietà e nell’accoglienza come momento fondante del nostro impegno civile.
Ma a fronte delle tante energie spese per la crescita del nostro Ateneo, dobbiamo sottolineare che il sistema universitario italiano sta attraversando, ormai da circa un decennio, un periodo di radicali trasformazioni che stanno delineando un sostanziale ridimensionamento strutturale. Le politiche di indirizzo hanno incanalato l’Italia verso un disinvestimento nell’alta formazione e nella ricerca, i cui effetti più macroscopici sono evidenziati dalla drastica riduzione del numero di professori, ricercatori e personale tecnico e amministrativo, il calo delle immatricolazioni e un taglio significativo del Fondo di Finanziamento Ordinario (FFO). Questo quadro assume tonalità ancora più fosche se osservato nel contesto delle Università meridionali. Nel Sud, infatti, i disinvestimenti e l’attuale impianto normativo hanno determinato uno stato di crisi del sistema, al quale non sono in grado di porre rimedio le asfittiche realtà economiche, sia pubbliche che private, delle regioni meridionali.

Difatti, una parte significativa del FFO continua ad essere assegnata alle Università, non tanto guardando alle reali esigenze degli Atenei o alla qualità della didattica e della ricerca, ma su una base “storica” rispetto alla quale gli Atenei più giovani, come l’Università della Calabria, risultano sistematicamente penalizzati.

Altro elemento di criticità sta nel fatto che una quota ingente del FFO, sia nella sua parte base sia nella sua parte premiale, risulta legata al numero di studenti regolari iscritti presso l’Ateneo. L’approccio attuale ignora che il fenomeno dei fuoricorso acquista forme significative in molte regioni meridionali, nelle quali il più generale contesto sociale e culturale e la fragilità del sistema scolastico alimenta delle lacune alle quali gli Atenei debbono spesso sopperire nella fase di ingresso degli studenti.

Analogamente, anche le tasse studentesche sono molto più basse nelle regioni meridionali, conseguenza del divario economico del Paese. Si pensi che la differenza di tassazione media fra la Calabria e le regioni del Nord è più o meno di 700 euro per studente.
Ancora più sorprendente è constatare il fatto che il turnover del personale passi attraverso l’assegnazione ministeriale dei ben noti Punti organico – la cui consistenza viene fissata a livello di sistema – che sono strettamente correlati ai parametri legati alle entrate finanziarie di ogni ateneo, in termini di FFO e tasse degli studenti. Il numero di docenti e personale tecnico-amministrativo che rientrano in fase di ridistribuzione delle risorse, non è quindi riconducibile tanto a fattori di qualità di didattica e di ricerca, ma solo a parametri di tipo finanziario, penalizzanti per il Sud.

Inoltre, negli esiti della VQR, lo specifico criterio che teoricamente mirerebbe a premiare gli Atenei per le proprie politiche di reclutamento, utilizza invece parametri che danneggiano le Università meridionali. Il parametro non si basa solo sul valore dei reclutati, ma anche sul loro numero. Gli atenei che hanno avuto un migliore meccanismo del turnover sui Punti organico hanno oggi la possibilità di primeggiare rispetto a questo parametro e, dunque, di acquisire ulteriori finanziamenti.

Appare evidente che siamo in presenza di un circolo vizioso: meno risorse economiche significano meno posti, quindi un peggiore giudizio sulla qualità dei reclutati. In tale contesto gli Atenei del Sud vengono, inevitabilmente, penalizzati.
Siamo ben consapevoli che non è più il tempo di invocare leggi speciali o provvidenze eccezionali, ma vorremmo evitare di passare da una politica di aiuti, ad un regime nel quale quelle carenze strutturali, che quegli aiuti non sono riusciti a colmare, diventino l’handicap o il comodo alibi per rendere impari la competizione, a favore di una politica chiaramente orientata a concentrare in alcune aree del Paese le eccellenze della ricerca e della didattica.
Vorrei concludere con un’osservazione. In un recente incontro alla CRUI, un autorevole esponente invitava tutti i Rettori ad essere maggiormente competitivi. Ebbene, la sfida non ci fa paura, bensì ci stimola. Una gara, però, si fa partendo tutti dalla stessa linea e non 50 metri dietro rispetto agli altri.
Vi ringrazio

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