Lunedì 8 febbraio, in Duomo, consegna dell’arazzo raffigurante l’icona della Madonna del Pilerio

cosenza_il_maestro_domenico_carusoCOSENZA – Dapprima cominciò a curiosare sui telai di famiglia, insieme alle zie Isabella e Caterina, portando anche un po’ di scompiglio, perché tradizionalmente nel Sud Italia la tessitura è una forma d’arte al femminile.

Poi, quando la passione per l’ordito prese il sopravvento e divenne quasi un’urgenza irrinunciabile, cominciò un percorso di studi diplomandosi come maestro d’arte tessile nella scuola d’arte di San Giovanni in Fiore, seguito dal conseguimento della maturità di arte applicata e da un’ulteriore formazione presso l’Accademia di Belle Arti a Catanzaro, sotto la guida del maestro Paolo Pancari Doria. Oggi il maestro Domenico Caruso, tessitore per tradizione e da diverse generazioni che si sono tramandate un mestiere non facile che richiede, oltre alla passione, la competenza ed un impegno costante, ha aperto una bottega nel centro storico di Cosenza, nell’ambito del disegno di rivitalizzazione dei temporary store voluto dal Sindaco Mario Occhiuto.

Ed è in questa bottega su Corso Telesio, di fianco al Duomo – una diramazione della Scuola Tappeti Caruso di San Giovanni in Fiore – che Domenico Caruso ha esposto da qualche giorno l’arazzo che riproduce fedelmente l’icona della Madonna del Pilerio. Questo pezzo pregiato sarà donato lunedì 8 febbraio, alle 18,30, per iniziativa del maestro Caruso, al rettore della Cattedrale Don Giacomo Tuoto, dall’Amministrazione comunale, alla presenza del Sindaco Mario Occhiuto, durante la manifestazione “Mater misericordiae”, una lettura da parte del critico d’arte Vittorio Sgarbi dell’icona della Madonna del Pilerio, con la quale saranno avviate le solenni celebrazioni in onore della patrona della città.

E’ il maestro Domenico Caruso a spiegare tempi di realizzazione e caratteristiche dell’arazzo. “Abbiamo prodotto le misure originali dell’icona e la lavorazione ha richiesto un mese abbondante. L’arazzo è stato realizzato su telaio artistico Jacquard che è un telaio artigianale e che riesce a dare grandi risultati dal punto di vista formale. Ne abbiamo “tirato” quattro esemplari unici e irripetibili che saranno numerati singolarmente. Uno di questi sarà donato lunedì alla presenza di Vittorio Sgarbi e lo consegneremo al rettore della Cattedrale Don Giacomo Tuoto. Un altro pezzo sarà probabilmente donato al Museo Diocesano.

Nella tessitura sono stati impiegati cotone, seta e filo dorato per riprodurre al meglio l’icona originale e il risultato sta destando grande interesse”.

Ma da quante generazioni la famiglia Caruso si dedica alla tessitura?
“Siamo tessitori dalla notte dei tempi – dice ancora Domenico. Nel Museo delle Arti e dei Mestieri della Provincia sono esposti dei pezzi della nostra famiglia risalenti al 1400 e al 1700. Abbiamo, inoltre, telai del 1600 che ancora lavorano. La denominazione di Scuola Tappeti, avviata dall’allora Opera Valorizzazione Sila, nasce nel 1952 e la direzione era in mano, a quei tempi, a maestri armeni, arrivati in Calabria durante la seconda guerra mondiale e che sono rimasti a San Giovanni in Fiore fino alla fine degli anni settanta. Subito dopo abbiamo preso noi le redini della scuola. Eravamo già tessitori per tradizione, figli della Magna Grecia.

Io proseguo il lavoro di mio padre Salvatore che a sua volta proseguiva quello di nonna Cristina, mentre lei quello della bisnonna Caterina e così via: possiamo arrivare veramente a generazioni e generazioni di tessitori.
I pezzi più antichi che abbiamo risalgono al 1400. Abbiamo addirittura un copriletto, realizzato su telaio con pura lana e poi stampato in silografia, con gli stampi che arrivarono a noi durante la dominazione spagnola e da lì è nata la cosiddetta tradizione delle coperte aragonesi. E noi siamo, proabilmente, gli unici custodi di un pezzo originale di quell’epoca”.

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