A Luzzi rinvenuto un antico acquedotto realizzato dai monaci dell’abbazia cistercense della Sambucina

LUZZI (COSENZA) – Gli acquedotti hanno avuto una funzione civilizzatrice nel corso dei secoli in tutte le civiltà. L’approvvigionamento idrico è stato, nel corso dall’antichità, un tema di vitale importanza. Viva gli acquedotti, portatori di civiltà, salubrità e benessere. Paradossalmente, in questi ultimi tempi, incombe la minaccia di un razionamento dell’acqua corrente in molte città, paesi e campagne, una misura dovuta sì alla perdurante siccità, ma verosimilmente, anche ad una ben scarsa capacità di gestione da parte dei responsabili pubblici di questo bene primario. A riprova della lungimiranza degli amministratori di un tempo, invece, diamo la notizia di un interessante studio di un antico acquedotto che si trova nel territorio di Luzzi, che si potrebbe essere un’opera realizzata dai monaci della badia di Santa Maria della Sambucina, che si trova a sette chilometri da Luzzi lungo la strada che porta in Sila.

La Sambucina, primo monastero cistercense del meridione d’Italia (metà del XII secolo), si impone subito per l’importanza che il nuovo Ordine acquistò, esplicando una forte ed intensa propaganda religiosa e socio-economica. L’associazione culturale “Totonno Palermo”, in collaborazione con il Comune di Luzzi, la Soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggi per le province di Catanzaro, Cosenza e Crotone – SAbap (dott. Mario Pagano), dell’Università della Calabria (prof. Antonio La Marca) e della associazione Geomeda ISS (dr. geologo Carmine Nigro), ha avviato un progetto di ricerca, recupero e valorizzazione di questo antico acquedotto. L’idea della ricerca è nata in seguito alla segnalazione dello stato di degrado strutturale di un pozzetto in pietra di forma cilindrica, ancora visibile sul ciglio della strada che dalla Sambucina porta in Sila, che è sicuramente da collegare all’antico acquedotto sambucinese. Su una mappa pubblicata da Giuseppe Marchese (Tebe Lucana, val di Crati e l’odierna Luzzi, Napoli 1957), risalente forse agli inizi del 1400, viene rappresentato in forma schematica l’intero tracciato dell’acquedotto della Sambucina, a partire dalla zona di captazione delle acque (Montagna della Noce), giunge ad un pozzetto di derivazione dal quale si innestano due condutture: una in direzione della Sambucina e l’altra invece in direzione del centro storico di Luzzi. Nella mappa sono ben visibili tutti i pozzetti d’ispezione e di derivazione (se ne contano ben 10); nei pressi del paese un ultimo pozzetto di derivazione approvvigiona un edificio forse di natura industriale. Da circa un anno sono iniziate le ricerche per ricostruire il tracciato dell’acquedotto cistercense. I numerosi sopralluoghi, coordinati dall’ingegnere Gianpiero Basile con gli amici dell’Associazione “Totonno Palermo”, hanno consentito di ritrovare, spesso nascosti nelle boscaglie e in sentieri impervi, pozzetti di derivazioni. Sono stati georeferenziati almeno 10 tratti e frammenti di acquedotto che presentano uguali caratteristiche strutturali e lo stesso tipo di canalizzazione (tubi in terracotta con un diametro di 12/15 cm e una lunghezza media di cm. 30/35).

La seconda fase del progetto prevede un’indagine georadar a cura della Geomeda ISS, per individuare il tracciato ancora sepolto dell’antico acquedotto. La ricerca mira alla possibilità di capire quale connessione possa esserci tra l’antico acquedotto e le ripetute frane che da sempre interessano il territorio in oggetto. Fenomeni questi che possono correlarsi con le evidenze morfologiche introdotte dal Piano di Assetto Idrogeologico della Regione Calabria e dalle tavole di stabilità dell’attuale strumento urbanistico. La fase introduttiva dei lavori e le esperiente in corso, saranno presentate ufficialmente in una conferenza che si terrà prossimamente a Luzzi.

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