Se prima era una sfida, oggi internazionalizzare le imprese, immetterle cioè sui mercati esteri, è una necessità, imposta dalla globalizzazione e dallo sviluppo digitale.
Farlo con cautela, che significa essere strutturati, soprattutto laddove si parla di piccola e media impresa, diventa però l’imperativo categorico, perché il rischio di ‘farsi male’ è davvero alto.
Questa la premessa del convegno che l’ICE (l’istituto nazionale per il Commercio Estero) e Confapi, hanno realizzato a Cosenza, nella sede dell’Università della Calabria, ma anche il trait d’union e nemmeno troppo sottile, che ha legato gli interventi autorevoli di quanti – lontani da sterili enunciazioni di principio o enfatici proclami – sono venuti a spiegare, strumenti alla mano, alle piccole e medie imprese calabresi, quelle che hanno trovato in Confapi Calabria la loro casa, che internazionalizzare si può, diciamo pure si deve, ma non può essere un salto nel buio.
Partiamo dalla premessa che i tessuti imprenditoriali non sono tutti uguali. Ecco l’idea dei convegni territoriali, spiegata bene dal direttore generale di Confapi Massimo Maria Amorosini. “Tre appuntamenti per macroaree: Torino, Firenze e per il Sud Cosenza, da dove iniziamo, uscendo da una prospettiva romacentrica per entrare nel cuore delle specificità territoriali e capire cosa serve realmente”. Troppi incubatori e pochi acceleratori? Amorosini guarda con lucidità ai dati di mortalità delle start up, “annunciamo le nascite ma mai la mortalità”, e lo fa in casa UniCal, rappresentata dal prorettore Guerino d’Ignazio; luogo di incubatori e di giovani promesse dell’imprenditoria che vanno seguiti nella fase di consolidamento, “non basta incubare ma servono gli acceleratori, i luoghi di coworking”. Francesco Napoli, presidente della territoriale calabrese e fresco di vicepresidenza nazionale, raccoglie l’assist e lancia l’idea di una palestra all’interno della quale le pmi, con i giusti attrezzi, possano irrobustire i muscoli e sostenere l’incontro con i mercati, nazionali e soprattutto esteri.
Gli attrezzi li fornisce il Ministero dello Sviluppo Economico e l’ICE che, riallacciando con Confapi una intesa che si era interrotta, offre i suoi servizi di assistenza e consulenza nel processo, non breve, di internazionalizzazione di un’azienda. Cominciando dalla promozione, Donatella Iaricci, responsabile del Piano Export Sud, espone il programma straordinario triennale nel quadro del Piano di Azione e Coesione, di promozione dei prodotti italiani sui mercati internazionali, destinato alle imprese delle regioni convergenza che esprimono potenzialità di internazionalizzazione. Due ricche linee di intervento che sostengono azioni formative ed azioni promozionali, articolate per filiere, e relativi interventi finanziari. Ancor prima le risorse umane, è il richiamo che viene dalla rappresentante ministeriale Barbara Clementi. “Se internazionalizzare è una necessità, strutturarsi è una condizione. Ecco l’Export Manager, la figura specialistica che guida il processo di internazionalizzazione affiancando l’impresa per il tempo necessario a cucirle il suo progetto export esattamente come un abito su misura, che va tarato sulle reali capacità dell’azienda, in un processo che gradualmente porti a varcare il confine nazionale”.
L’azienda deve proteggersi ed il contributo in questa direzione di un manager dell’alta finanza come Gabriele Cappellini, amministratore delegato del Fondo Italiano di Investimento, è da coscienzioso pater familias che, complice una componente di platea fatta anche di tanti giovani, magari futuri imprenditori, avverte “oggi le aziende hanno bisogno di partnership, di rete. Diminuisce la parte immobiliare, i driver di sviluppo diventano l’acquisto di brevetti, la patrimonializzazione. Non pensiamo solo a strutture commerciali all’estero ma creiamo quei luoghi strategici dove raggruppare istituzioni che risolvano alle imprese i tanti problemi, anche di carattere legale e normativo associati all’export”. Una visione complessiva che in Calabria non può prescindere dal restituire ruolo e funzione al porto di Gioia Tauro, ben disegnati dal Direttore generale per la vigilanza sulle autorità portuali Enrico Maria Pujia. Si conclude sulla scia dell’intesa, già avviata da Confapi Calabria, con l’Albania. Ci sono il viceministro allo sviluppo Gjon Radovani e la responsabile Ice di Tirana Gabriella Lombardi a farsi portavoce di una grande apertura verso la Calabria. “In Albania ci sono tutte le condizioni favorevoli per contribuire ad un processo di sviluppo che sta investendo il paese”. Sburocratizzazione, vantaggi fiscali sono le attrattive parole d’ordine di una nazione sotto la lente dell’Europa, che ha ben compreso, forse più di noi, cosa bisogna fare per creare sviluppo.