Il contributo del Museo dei Brettii e degli Enotri al progetto nazionale contro la contraffazione. L’8 novembre conferenza a Palazzo Arnone

COSENZA – Quindici conferenze in tutta Italia, sul tema “L’Arte non vera non può essere Arte”. Sono nel piano d’azione del Ministero dello sviluppo economico, del MiBact e dell’Istituto Nazionale Anticontraffazione, per divulgare quanto più possibile la conoscenza del fenomeno del ‘falso’.

E’ presente anche Cosenza che, con il Nucleo Tutela Patrimonio Culturale, ha organizzato il suo incontro sul tema per mercoledì 8 novembre prossimo a Palazzo Arnone, coinvolgendo tutte le autorità nell’ambito dei Beni Culturali. Partecipa anche il Direttore del Museo dei Brettii e e degli Enotri, Marilena Cerzoso che, nell’occasione presenterà il contributo del museo civico all’iniziativa: una mostra, di reperti archeologici falsi e di opere d’arte, anch’esse false, sequestrate dai Carabinieri del Nucleo. La mostra, “Bello ma Falso: tutta un’altra storia!”, sarà inaugurata il 17 novembre, alle ore 17. Il progetto di allestimento è stato curato dalla stessa Cerzoso, in collaborazione con il Nucleo Tutela Patrimonio Culturale di Cosenza e l’Università della Calabria, in particolare con il Laboratorio di Topografia Antica e Antichità Calabresi del Dipartimento di Studi Umanistici, di cui è responsabile il prof. Armando Taliano Grasso, e con il Laboratorio di Diagnostica e Conservazione dei Beni Culturali del Dipartimento di Biologia, Ecologia e Scienze della Terra, che hanno rispettivamente realizzato gli esami autoptici e le analisi diagnostiche sui reperti archeologici.

Nel rispetto della mission educativa del Museo, la mostra, oltre che uno scopo conoscitivo, persegue finalità didattiche. Si vuole infatti sottolineare l’importanza dello sviluppo del la ricerca scientifica nel campo dei beni culturali come strumento per la diffusione della legalità, trasformando in messaggi educativi ciò che scaturisce da fatti criminosi. L’aumento dei falsi sequestrati evidenziato dai dati statistici ci mostra un fenomeno in espansione, legato certamente alla moda ma che soggiace alle leggi dell’economia, di una domanda che non può essere evasa in modo legittimo. Nel titolo della mostra si racchiude la convinzione che un reperto archeologico o un’opera d’arte, per quanto belli, raccontano una storia sociale, l’evoluzione di una ‘moda’ nel corso del tempo, ma non raccontano la vera storia da cui gli originali di quegli oggetti sono scaturiti.

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