COSENZA – La piéce in scena sabato 16 dicembre è ispirata al celebre romanzo di Vincenzo Cerami (sceneggiattore del Premio Oscar La Vita è bella di Benigni). Dopo aver conquistato il grande schermo nel 1977 grazie al film di Mario Monicelli con Alberto Sordi, il libro di Cerami si fa pièce e approda a teatro con le musiche originali di Nicola Piovani e l’adattamento e la regia di Fabrizio Coniglio. In scena con Dapporto anche Susanna Marcomeni, Roberto D’Alessandro, Matteo Francomano e Federico Rubino. Il romanzo, che diverge dal film in alcuni nodi narrativi essenziali, è un ritratto di agghiacciante attualità. La peculiarità è la tinta grottesca con cui Cerami descrive le umili aspirazioni del protagonista Giovanni Vivaldi. Il borghese piccolo piccolo è un uomo di provincia che lavora al Ministero, il cui più grande desiderio è quello di “sistemare” suo figlio Mario, proprio lì dove Giovanni lavora da oltre trent’anni. Ma come ottenere una raccomandazione? Ecco allora l’inizio della disperata ricerca di una “scorciatoia”, per garantire un futuro a chi si vuole bene. Un’indagine sulle aspirazioni e il desiderio di raggirare le regole che una società democratica e civile impone. Questo e ancora di più in una storia in cui l’interpretazione alle molte sfumature è affidata a un Massimo Dapporto capace di rendere il ridicolo e il tragico al contempo, regalando umana vivacità a tutta la famiglia Vivaldi.
Giovanni e Amalia discutono di come il figlio Mario potrà trovare un lavoro ora che ha conseguito il diploma di ragioniere. Giovanni apprende che si terrà un concorso per nuovi posti allo stesso ministero in cui lavora. Giovanni decide di iscrivere Mario, ma sapendo che lui non potrebbe farcela, va a chiedere al capufficio se può favorirlo. Il capufficio, vedendo Giovanni abbattuto, gli chiede se è disposto ad entrare nella Massoneria. Giovanni accetta, e, qualche settimana prima del concorso, ottiene dal capufficio le risposte dell’esame, che fa imparare a memoria a Mario. Il giorno del concorso dei rapinatori che stanno scappando sparano e accidentalmente colpiscono Mario che muore. Amalia, per il dolore della morte del figlio, rimane vittima di una trombosi. Giovanni si abitua al nuovo modo di vivere, ma un giorno, quando si reca in questura per vedere i sospettati, riconosce l’assassino e non dice niente. L’assassino viene rilasciato e mentre ritorna viene seguito da Giovanni che lo cattura e lo porta nella sua baracca vicino al lago dove con del fil di ferro lo lega e lo tortura per diversi giorni finchè muore. Giovanni va in pensione, ma proprio lo stesso giorno Amalia muore. Dopo i funerali, Giovanni ritorna a seppellire l’assassino e poi ritorna alla sua vita di prima.
Secondo appuntamento di prosa al Rendano con il ‘Borghese piccolo piccolo’ di Massimo Dapporto
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