Trattato come un sospetto caso di Covid è morto nel pronto soccorso no Covid del Grande ospedale metropolitano di Reggio Calabria

POLISTENA (REGGIO CALABRIA) – Trattato come un sospetto caso di Covid è morto nel pronto soccorso no Covid del Grande ospedale metropolitano di Reggio Calabria dopo 13 ore dal primo ricovero nell’ospedale di Polistena. E’ la storia di M. F., di 51 anni, deceduto alle 22 circa del 29 gennaio di cui scrive oggi la Gazzetta del sud.

Stamani il fratello ha presentato una denuncia al Commissariato di Polizia di Polistena chiedendo che siano accertate eventuali responsabilità. “Non so se i ritardi siano stati incisivi sulla morte di mio fratello – scrive nella querela – ma probabilmente se si fosse intervenuti per tempo probabilmente l’epilogo sarebbe stato differente e non sarebbe rimasto vittima di una semplice infezione e quindi di malasanità”.
Secondo quanto scrive nella denuncia, il fratello, arrivato nell’ospedale di Polistena poco dopo le 9 è stato sistemato nella tenda Covid per accertare l’eventuale positività. Alle 17.30, dopo i primi risultati, il trasferimento a Reggio Calabria per sospetto Covid. A Reggio, riferisce ancora, il tampone ha dato esito negativo e il fratello è stato trasferito al pronto soccorso ordinario dove è morto intorno alle 22 per uno choc da stato settico.
Ha anche scritto, sulla propria pagina Facebook, una lettera aperta al sindaco di Polistena Marco Policaro. Nella lettera ricorda inoltre che il fratello “aveva subito, sempre nell’Ospedale di Polistena, un intervento ad una gamba nel mese di luglio e in quel caso gli era stato eseguito il tampone, con esito negativo. Poiché l’intervento sembra non fosse andato nel migliore dei modi, M. aveva subito un nuovo intervento a settembre e un nuovo tampone con esito sempre negativo. Si recava a seguito dell’intervento pressoché quotidianamente nell’Ospedale di Polistena per essere medicato. Nonostante ciò, M. si lamentava con mia sorella di fortissimi dolori alla gamba, con emissione di pus e sangue da dove era stata praticata l’incisione”.
“Per setticemia – conclude – si moriva ancora nell’Ottocento. Non lascerò nulla di intentato per individuare e colpire possibili responsabilità”. (ANSA).

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