Brillano al Castello Svevo le stelle di John Patitucci e Kenny Barron

cosenza_barron_patitucciCOSENZA – Nella prima delle tre tappe che il “Peperoncino Jazz Festival” ha riservato anche quest’anno alla città di Cosenza, destinataria ancora una volta di alcuni tra i migliori concerti di tutto il programma messo a punto da Sergio Gimigliano e Francesca Panebianco, hanno brillato, nella ormai irrinunciabile location del Castello Svevo, la stella del contrabbassista americano, di origini calabresi, John Patitucci, i cui nonni erano di Torano Castello e che può essere considerato ospite quasi fisso del festival, e quella del pianista di Filadelfia Kenny Barron, tra i virtuosi dello strumento che dominano incontrastati la scena jazz internazionale.

La serata, patrocinata dall’Amministrazione comunale, era suddivisa in due set. Nel primo John Patitucci, bassista di primissimo piano e che vanta fior fior di collaborazioni con altri grandi nomi del jazz (da Chick Corea ad Herbie Hancock, da Stan Getz a Wynton Marsalis, ma si potrebbe continuare all’infinito) si è rimesso in gioco, dopo essere stato ospite del “Peperoncino Jazz Festival” in altre tre edizioni, due volte proprio nella “sua” Torano (dove peraltro gli venne attribuita la cittadinanza onoraria) e l’ultima in una memorabile esibizione, datata 2014, nella Vecchia Villa comunale di Cosenza.

In questa nuova occasione c’era da mettere a punto il lancio ufficiale della figlia Grei, chitarrista, cantante e songwriter desiderosa di seguire le orme paterne e di lasciarsi guidare in questo suo battesimo senza rete e carico di sorprese. La prima parte del concerto del Castello Svevo l’ha vista duettare con il padre in un set che è servito a saggiarne le indubbie potenzialità, ancora non completamente espresse, grazie ad un repertorio che ha attinto alla sua prima fatica discografica, un EP, dal titolo “Meadow of peace” che, come ricordato anche da John Patitucci in una breve introduzione, uscirà in digitale il prossimo 5 agosto su iTunes e poi sul sito ufficiale. Si sente che Grei ha stoffa, ma anche ampi margini di miglioramento. In lei, oltre che il celeberrimo padre, hanno creduto anche quei musicisti della scena newyorchese che figurano in questo suo primo disco : Nate Smith, Jon Cowherd, Jon Davis e Aaron Nevesie. Una fiducia ben riposta e che, dopo il 5 agosto, potrà dare i suoi primi frutti.

Appoggiato il contrabbasso sul palco del maniero federiciano, John Patitucci esce temporaneamente di scena. Vi farà poi ritorno per un duo con Barron che in più di uno spettatore ha insinuato il dubbio: ma che concerto sarebbe stato se il fuori programma fosse stata una lunga esibizione tra questi due giganti del jazz!

Il set di Kenny Barron in piano solo ha rappresentato, tra gli applausi scroscianti del pubblico cosentino (diversi gli arrivi da altre aree della Calabria, da Polistena a Gioia Tauro a Palmi) la quintessenza di quel jazz dalle sonorità piene, rotonde, senza un’imperfezione, che molto deve agli standard evergreen e alle immarcescibili ballad che nel Barron touch trovano la loro sublimazione. Già l’inizio è da brividi: “Embraceable you”. E’ poi il turno di “Rain”, “Nightfall”, di “New york attitude”, composizione originale di Kenny Barron che dà il titolo anche ad un suo album.

Quando strizza l’occhio al latin jazz è l’ora di un altro celeberrimo pezzo, “Calypso” che scalda la platea, mentre prima l’aveva cullata con ammiccanti melodie che mutuano molto dalla storia del jazz. Una versatilità che nel corso degli anni lo hanno segnalato anche tra gli artefici di quell’altro autentico miracolo che risponde al nome del “The classical jazz quartet”, insieme a Ron Carter, Stefon Harris e Lewis Nash, capace di rivisitare in chiave jazz memorabili pagine di musica classica sgorgate dall’estro compositivo di Rachmaninov, Bach e Tchaikovsky.

Nel concerto del Castello Svevo di Cosenza Kenny Barron, che nella sua lunga carriera ha incrociato altri giganti del jazz come John Coltrane, Dizzy Gillespie, Freddy Hubbard, Stanley Turrentine e Stan Getz, per non dire di altri, ha confermato la storia di cui è portatore, anche quando ha richiamato sul palco John Patitucci per dar vita quasi ad una jam session estemporanea tra i due musicisti che per la prima volta si incontravano in un Festival internazionale, come ricordato dallo stesso Patitucci, ma che un anno fa avevano collaborato al disco della vocalist Karrin Allyson, “Many a new day”. E mentre la luna piena rischiara il cielo sopra il Castello, i due giganti del jazz si abbracciano come vecchi amici. Il pubblico applaude e vorrebbe che non smettessero più di suonare.

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