“Quelli là”, quegli invisibili senza nome e senza volto

Natale 2022, morire di freddo, sembra impossibile, invece è successo nella notte tra giovedì e venerdì 9 dicembre, ad un diciannovenne egiziano, Alì, che era arrivato a Bolzano solo il giorno prima, in attesa di un letto nella struttura del Comune dove non c’era posto. Chissà con quale speranza si era sistemato tra i cartoni sotto i binari della ferrovia… Invece è morto di freddo dopo aver attraversato la famigerata rotta dei Balcani. Di fronte al parcheggio dei camper dei turisti, arrivati in città per i mercatini di Natale, tra il via vai degli ultimi acquisti prima di rifugiarsi al caldo delle proprie case. Alì non è purtroppo né il primo né l’ultimo: Edwin, Fia, Mamadou, nomi e storie, ma anche tanti senza nome…

Perché si muore così, nell’indifferenza generale che evade rapidamente l’ennesima pratica di uno dei tanti invisibili giunti chissà da dove a scomodare le nostre vite di ricchi occidentali. Perché è così che si muore nel terzo millennio, in cielo a 50° sotto zero, come clandestino di 10 anni, aggrappato con tanti sogni al carrello di un aereo che dalle piantagioni di cacao della Costa d’Avorio portava in Francia; oppure come Aylan, con il suo pantaloncino rosso, arenato sulla spiaggia dove sembra dormire cullato dalle onde spietate fino ad un attimo prima. Come non ricordare poi il quattordicenne del Mali che morì nel grande naufragio dell’aprile 2015? Cucita nella giacca, gli è stata trovata una pagella, se la portava addosso come un tesoro. Forse pensava che, in Europa, mostrandola avrebbe provato che aveva voglia di studiare, e che sarebbe stato ammesso in una scuola, che non era venuto a rubare nulla a nessuno… Una pagella cucita addosso per non rischiare di perderla, una pagella con i voti da mostrare, sognava orgoglioso, a un insegnante che la leggesse e poi lo accogliesse con uno sguardo buono.

Esiste un libro della anatomopatologa Cristina Cattaneo, “Naufraghi senza volto”, è da leggere: racconta la dolorosa pratica della ricognizione dei corpi di quel terribile naufragio del 2015.

Tra le sue pagine, particolari struggenti: i portafogli con le foto dei genitori o dei figli, gli indirizzi di lontani parenti, e nomi di ignote strade delle nostre città europee, dove i migranti credevano di trovare un tetto. E in tante tasche, sacchetti colmi di terra: la terra d’Africa, terra di casa.

E Alì fuggito dall’Egitto passando nel freddo dei Balcani, chissà se sotto alla giacca aveva più di una maglia…Perché fanno così, i migranti, contro il freddo, s’infilano addosso tutto il poco che hanno. Sperava di farcela. Come tanti, il cellulare della madre o del padre da chiamare, appena trovato un rifugio. Tra pochi giorni, vent’anni …L’età in cui i nostri figli ci sembrano ancora ragazzini, cui perdonare ogni cosa.

Guardiamo i nostri figli, questa sera. Davvero non gli somigliano per niente? Mettiamo a fuoco i loro visi, e ogni discorso allontaniamolo dal pantano di fazioni inconcludenti su “porti aperti” e  “porti chiusi”.

È difficile immaginare che quelli che vanno ripetendo soddisfatti che ‘la pacchia è finita’, restino indifferenti alla pagella che un coetaneo dei loro figli si teneva stretta, cucita nella giacca. Bisognerebbe proprio non avere alcuna umanità, per non sentire, anche solo una (piccola) pena nel cuore. Almeno un germe di commozione, quel ragazzino ignoto o quel giovane ventenne lo devono suscitare… A che serve la commozione? dirà qualcuno. Concretamente a poco, forse. Ma almeno servirebbe a tentare di cambiare l’aria che respiriamo, l’avversione e il razzismo che germinano fra noi.

E mentre siamo presi dal caro bollette, dalle sorti internazionali, facciamoci interrogare dalle storie dei tanti invisibili della storia. Da che parte, dunque, guardare? Lo zoom su un’anima o il grandangolo sull’umanità, sulla guerra in Ucraina, sulla rivolta in Afghanistan o sulle esecuzioni in Iran? Entrambe le cose.

Tra pochi giorni canteremo …”E vieni in una grotta al freddo e al gelo”… Gesù già pativa anche per questo giovane uomo, era pura compassione per lui. E ognuno di noi può scampare al gelo del nulla solo grazie a quel bambino infreddolito nella grotta che ci ricorda inesorabilmente che ‘quelli là’ sono figli, fratelli, uomini come noi.

Ph, Myriam P.

Luisa Loredana Vercillo