Lamezia Bene Comune: “Maria Chindamo: oltre il silenzio, una storia di riscatto da continuare a scrivere”

“Una storia che mette i brividi che colpisce in maniera forte e dolorosa, che ci lascia muti e incapaci di elaborare una tale notizia e ci fa    piombare in una sofferenza profonda, in un orrore senza fine. Che si fa ancora più insopportabile incontrando l’immagine di Maria, quello sguardo aperto e gioioso, pieno di promesse e determinazione verso il futuro, da donna libera e fiera in terra di Calabria.

Terrificanti le informazioni riferite dal pentito, tanto forti da far riflettere sulla opportunità di scriverne, come se la narrazione, le parole materializzassero il male… ma abbiamo ritenuto doveroso farlo, pur con sofferenza. Il silenzio assordante che ha accompagnato la notizia dopo le prime reazioni non va confuso con indifferenza di fronte ad avvenimenti che hanno sconvolto le coscienze dei calabresi, inorriditi e increduli , ma con una sorta di riservatezza, di pudore nei confronti di Maria, dello strazio della famiglia.

Ma l’orrore va raccontato ad ogni prezzo, affinché non debba più accadere. Ad essere cancellata, ad essere soppressa, con odio e sfregio senza pari, una donna laboriosa e coraggiosa, così era Maria, così rappresentava, con impegno e coraggio, l’indole, la determinazione, la caparbietà della gente di Calabria, in una terra certamente non facile ma resiliente nella lotta e condanna a quella parte, che per quanto minima, getta un’ombra terribile sulla nostra regione.

“Uomini d’onore”, bestie per fare loro un complimento, non hanno sopportato che Maria, donna libera e temeraria, volesse col suo contributo, garantire ai suoi figli, alla famiglia, alla sua gente, alla Calabria tutta  un dono grande di emancipazione,  una svolta, nel ruolo determinante delle donne del sud.  Una narrazione che, nella sua tragica esecuzione, parte dal 2016, in una mattina come tante in cui Maria si reca in azienda per non fare più ritorno dai suoi figli Scomparirà nel nulla.

“Uccisa e data in pasto ai maiali o fatta a pezzi con un trattore per far sparire ogni traccia del suo corpo”. Cosi il pentito Antonio Cossidente, così sarebbe avvenuta la scomparsa e la tragica fine di Maria Chindamo, imprenditrice di Laureana di Borrello. Un antico retaggio che persiste in alcuni malavitosi ambienti e che, ancor di più, si esaspera quando a dimostrare forza e disubbidienza alle regole è una donna giovane che persegue i suoi progetti, quasi sfidando le bestie, noncurante dei pericoli, ma mai prevedendo quel che sarebbero stati capaci di riservarle.

Una donna, una donna di Calabria, già terra di donne coraggio…  Tante, troppe, che hanno pagato con la vita le loro lotte contro le regole dei clan. Anche Maria non ha ceduto alle offerte di Salvatore Ascone, “U pinnularu”, narcotrafficante vicino al clan Mancuso, confinante di casa di Maria, che avrebbe voluto acquistare,  i terreni dei Chindamo, ricevendo da Maria un netto rifiuto. Nella vicenda, qualche anno fa, l’Ascone fu arrestato, poi rilasciato, per aver manomesso il sistema di videosorveglianza, forse per impedire che venisse registrato al mattino il rapimento dell’imprenditrice. Ma Maria era donna libera sia nella sua professione sia nella sua vita privata.

La separazione dal marito aveva, infatti, rappresentato, un anno prima, un altro momento difficile nella sua vita. Un altro momento inquietante.   E, allora, Maria resta  una delle tante vittime di lupara bianca, “gli spariti”, quelle situazioni che privano  i familiari di piangere sul proprio caro, di non poter procedere al rito di una pietosa sepoltura.

Non possiamo immaginare l’immenso dolore che vivono e che per sempre accompagnerà i figli, la famiglia nell’apprendere i termini dell’orrenda confessione del pentito. Mai tale racconto, che niente ha di umano, abbandonerà il percorso di vita dei suoi cari e, seppure in minore intensità, di uomini e donne di Calabria, e non solo.

Certamente tutto è ancora secretato e le indagini proseguono, nella speranza che la verità possa in parte dare un minimo di conforto alla famiglia, ai suoi ragazzi così provati prima dal suicidio del padre, avvenuto dopo la separazione e, poi, dalla scomparsa così tragica della madre, così estremamente inquietante e insopportabile per modalità e orribili particolari.

Per quel che possiamo, ci affianchiamo ai suoi figli, a suo fratello, a sua madre, vogliamo condividere il nostro pensiero di affetto e ammirazione per una donna che nella sua esistenza, per quanto breve, ha lasciato a tutti noi e, in primis, ai suoi cari, l’esempio di donna che ha dato il suo contributo al riscatto della nostra terra e della straordinario ruolo delle figlie di Calabria”. Così in un nota Lamezia Bene Comune.

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